Arrival, l’ultima opera del canadese Denis Villeneuve, è un film importante che anche come ufologi vi invitiamo ad andare a vedere. Esce in tutta Italia giovedì 19.
Gli UFO di Arrival sono quelli di oggi, post-moderni e spiazzanti, privi di ammennicoli e a-tecnologici. Degli alieni, in pratica, nel film non ci sono visioni, ma soltanto la miriade di segni che producono.
E quando si parla di segni, s’intendono quelli che con la loro comunicazione gli alieni fanno rivolgendosi ai loro interlocutori e che in particolare – non a caso – fanno ad una studiosa di linguistica (Amy Adams, la vedete sopra) che prova a capire che cosa vogliano farci giungere.
Su tutto regna l’ambiguità della traduzione e quella della ricerca di una versione delle richieste degli alieni che siano condivisibili dagli abitanti della Terra, che però parlano lingue già fra loro quasi impossibili a rendersi. Da qui la loro tragedia con i “gusci”, come nel film si chiamano gli UFO.
La cifra del film non è dunque tecnologica o comunque visiva (l’arrival degli UFO come navicelle spaziali), ma largamente “scritta” e verbale.
Un modo curiosissimo e straniante di affrontare la questione anche per lo studioso e per l’appassionato intelligente dei fenomeni UFO, fenomeni che invece per il nostro imprinting di indagatori degli avvistamenti sono soprattutto “segni” visuali che si mostrano nel cielo e che noi cerchiamo di interpretare come tali.
Alle interpretazioni responsabili di quei “segni” (gli avvistamenti che si verificano ogni giorno) è dedicato gran parte del nostro tempo e del nostro sforzo e quei tentativi sono anche la nostra gioia.